Sapevo cosa, non sapevo come…

di Mirella Muià*

Gerard Seghers, Cristo dice addio a sua madre, 1630

“Tu me lo avevi detto in quel giorno,

Mentre eri di passaggio da casa per l’ultima volta,

E sembrava il racconto della vita di un altro…

Eri sereno e mi guardavi

Dandomi la pace che era in te:

“Madre, solo ora posso dirti quale sarà la mia via:

Tra poco inizia per me la salita a Gerusalemme.”

Che cosa poteva esserci di diverso questa volta

Dalle nostre salite a Gerusalemme?

Ma tu hai detto che era la tua salita –

E mi hai guardata, e ho provato un dolore intenso nel petto.

Allora hai iniziato a dire:

“Ricordi le parole di Gabriele quel giorno?

Un giorno eravamo seduti qui come ora,

Prima che andassi via la prima volta,

E tu mi hai raccontato cosa accadde quel giorno dell’angelo…

“Ecco, sappi che da quel giorno è iniziato il mio cammino –

E ora sto per salire a Gerusalemme perché si compia”.

E in poche parole mi hai ricordato i profeti che tu ami

E le letture che facevamo insieme,

Fino a quel giorno che stavamo leggendo del Servo del Signore,

E vidi sul tuo volto l’impronta del dolore

E ti chiesi: Come può il Messia salvarci con le sue piaghe?

Sarà forse un lebbroso?

Mi hai risposto: “Le piaghe di questo lebbroso

Guariranno quelle invisibili del suo popolo

E di tutti i popoli”

Allora, mentre mi parlavi prima di partire da casa per l’ultima volta,

I miei occhi si aprirono sulle parole dell’angelo

E seppi che il Messia piagato eri tu…

Sei partito, e mi hai detto:

“Ci rivedremo a Gerusalemme!”.

E hai sorriso.

Sono partita sulle tue tracce

Attraversando i villaggi dove eri passato

E c’erano alcune donne con me che già ti seguivano,

Ma dovevo tacere…

Mi hai dato appuntamento in una casa

Poco oltre la Porta di Sion

Dove ci conoscevano da tempo.

Da quella casa ho saputo che stavi arrivando

Per il rumore di gente che correva nella strada

E per le voci sempre più forti di gioia e di lode.

Allora ho ricordato le parole del vecchio Simeone

E ho temuto che il mio cuore non potesse resistere fino alla fine

E ho pregato il Padre perché ti risparmiasse anche questo dolore

E mi ascoltò e mi diede una grande pace,

La stessa che mi veniva da te

Quando parlavamo insieme del Regno che viene.

Eccolo, viene! Ho detto,

E sono scesa in strada con le donne,

Ma il tuo volto era proteso in avanti, verso il tempio…

Sapevo che dovevo aspettarti qui,

Perché la tua stanza era già pronta.

Nulla mancava sulla mensa, salvo l’agnello,

Perché così avevi detto di fare.

A ogni parola che pronunciavi quella sera

Sapevo cosa sarebbe accaduto,

Ma non sapevo come: quel pane

Era dunque il tuo corpo nato dal mio?

E quel vino, era il sangue dell’alleanza

Annunciata dall’inizio a Mosè?

Sì, fu come a Cana – ma mentre a Cana

Fu per la gioia di quegli sposi e dei loro invitati,

Qui la gioia era così legata al dolore da fare una cosa sola –

Perché ho ricordato che quel giorno a Nazareth

Tu mi hai detto che il corpo e il sangue dell’agnello in Egitto

Era una profezia che doveva compiersi in te –

E ora ecco questo cibo sulla mensa

E nessuno ancora sa cosa significhi

Ricevere come cibo il tuo corpo e il tuo sangue,

E tantomeno Giuda, l’uomo del tormento,

A cui hai appena dato il boccone destinato all’amico,

E come può saperlo lui che non ha pace

Perché la delusione gli ha chiuso il cuore?

L’ho visto uscire a capo chino

E mi ha fatto pena il suo tormento

Che non si lascia guarire…

Avrei voluto dirti quella sera: Ecco la nostra memoria dell’esodo

Diventata tua carne e tuo sangue!

Sei dunque tu la memoria vivente del nostro popolo?

Ora comprendo, mi dicevo

Serrando le mani che tremavano,

Ora comprendo…e accadrà

Come tu hai detto!

Ed è accaduto come tu hai detto.

Prima ancora di vedere la ferita aperta nel costato

Sapevo che il tuo cuore si spaccava in due –

E non è stata la lancia del soldato

Ma il dolore del rifiuto,

La pena per l’abbandono dei fratelli,

Perché sapevi che sarebbero rimasti soli…

È morto sotto i miei occhi

L’uomo generato in me dall’alto.

Ma quella sera, dopo la sepoltura,

Nel silenzio notturno ecco la sua voce:

“Non piangere, o Madre…!”

Ho ascoltato, e la pace mi ha visitata

E ho saputo che dovevo solo attendere…

Non sei forse tu il Re dei Giudei?

Pilato, che non sa nulla di noi, l’ha scritto –

E quel titolo è per sempre.

Dicevo alle donne che quel mattino tornavano dal sepolcro

E raccontavano dell’annuncio dell’angelo,

Che quelle parole sono davvero per sempre!

Come può esserlo, dicevano, se non lo riconoscono?

Lo riconosceranno,

Perché le nozze dello Sposo sono per sempre!

Se non l’hanno riconosciuto quando era qui

E camminava in mezzo a noi e ci parlava,

Come lo riconosceranno ora che non c’è più?

Ora che pensano a lui come a un fallito

Che ha perso la sua battaglia,

Mentre il Messia è vincitore?

Lo riconosceranno, dicevo loro,

Perché l’Agnello è uscito da questo gregge

E sono una cosa sola.

Noi lo sappiamo perché abbiamo visto.

Loro lo riconosceranno

Anche se non potranno ancora dargli il suo nome

Perché lo vedranno in se stessi

E saranno a sua immagine:

Saranno la sua immagine nel mondo,

I fratelli di sangue dell’Agnello…

* Madre Mirella Buià, già docente alla Sorbonne, eremita a Gerace (RC).