“Juventus” del Carmelo

di fra Gianluigi Montanari

Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?

Guardando gli uccelli del cielo si imparano tante belle cose, oggi impariamo un po’ di storia del Carmelo!

In questo periodo nel giardino del convento sono tornate a farci visita le “Upupa”. La loro voce e il loro canto trisillabico “hup-hup-hup”, da cui deriva il nome, di tanto in tanto si sente.

Il piumaggio di cui è vestito questo esemplare, in modo particolare le ali, a qualcuno potrebbe ricordare la livrea Juventina a strisce bianco/nere. Anche a noi ricorda la “juventus”: la gioventù del Carmelo.

Non tutti sanno, infatti, che in origine la cappa che i frati ricevevano, dopo la professione dei voti, che ora è completamente bianca, originariamente era “barrata” a strisce bianche e nere (7 in tutto, tre nere e quattro bianche).

Quando i Carmelitani dal Monte Carmelo iniziarono a diffondersi in Europa, qui, questo tipo di mantello creò difficoltà e imbarazzo. La cappa barrata era ritenuta poco economica perché il materiale a strisce non veniva visto come composto di strisce cucite assieme ma si immaginava fosse tessuto in un solo pezzo quindi difficile da ottenere e costoso. Inoltre suscitava spesso ilarità tra i fedeli, tra persone altolocate, laici ed ecclesiastici. Nelle università, i giovani studenti Carmelitani venivano presi in giro e trovavano difficoltà nell’ammissione o avanzamento degli studi perché venivano presi poco sul serio, con danno per le nuove vocazioni.

Per questi motivi nel 1287 viene decisa la sostituzione della cappa barrata con quella bianca che abbiamo oggi.

Per noi la cappa è abito corale che indossiamo per le Solennità, per le upupe il Padre nostro celeste ha dato questo bel vestito da portare tutti i giorni, sembra che sia sempre festa per loro.

Un’altra cosa che si può imparare dalle upupe è legato ai luoghi che “abitano”, è curioso che tra i due chiostri del convento, l’uno con san Giuseppe, l’altro con il pozzo, preferiscano il secondo. Questa scelta non è certamente un dispetto a san Giuseppe ma è legata alla loro particolare capacità di trovare fonti d’acqua sotterranea. Sembra infatti che riescano a trovare sorgenti d’acqua anche in un deserto semplicemente sondando la sabbia con il becco.

Così è anche dei primi eremiti del monte Carmelo. Sceglievano luoghi isolati, chiamati “deserto” dove dedicare la vita alla preghiera e contemplazione, per raccogliere “l’acqua viva (Gv 4)” del Signore. Chi è stato sul monte Carmelo, nella zona di Haifa, sa che ancora oggi c’è il pozzo di Elia, sorgente d’acqua alle porte del primo insediamento degli eremiti.

L’upupa è particolarmente creativa anche nel difendersi dai predatori. Per difendersi fa un particolare “inchino”, quando si sente minacciata si schiaccia al suolo apre le ali, la coda e alza la testa verso l’alto. In questo modo si rende difficile da identificare e quindi cacciare. Riesce a “seminare” facilmente gli inseguitori grazie al suo volo chiamato “sinusoide” simile al volo delle farfalle. Con brevi e regolari battiti di ali riesce a scattare rapidamente in diverse direzioni anche ripetutamente durante il volo. Neanche Maradona con tutta la sua agilità correva così.

L’upupa dal 2008 è stata scelta dallo stato di Israele come simbolo nazionale, la scelta è ricaduta su questo animale perché ritenuto molto bello, monogamo, premuroso e attento con la prole.

Upupa docet.