
“Un uomo è la somma delle sue azioni”, dicono…
Da quello che posso ricordare, nei più grandi romanzi gialli, o anche in uno di quei tanti film di serie b che escono quasi esclusivamente nel mercato dell’home video, c’è sempre qualche delitto a porte chiuse.
Mi spiego. Da Edgar Allan Poe in poi, in tutta la letteratura noir, gialla o persino nell’hard boiled, che si concentra specialmente sulle caratteristiche del protagonista e talvolta, se ben scritto, sull’evoluzione dei suoi pensieri… in tutti questi generi letterari c’è sempre un omicidio avvenuto tra le mura domestiche, con “porte chiuse e finestre sbarrate”, sangue che macchia il pavimento, luci accese, vicini inconsapevoli, nessun rumore… niente di anomalo che sconvolga seppur minimamente la routine giornaliera che va avanti da una vita.
Il lavoro, la famiglia, l’affitto o il mutuo, le delusioni d’amore, gli amici che scompaiono, lo studio, la ragazza della porta accanto, il capo reparto… tutto perfettamente impacchettato da un doppio strato di celluloide asettica.
Sembra che un giallo sia l’unica cosa che ci salvi dalla monotonia. E si va avanti, con difetti e pregi, con delusioni e vittorie, guardando chi sta peggio e chi sta meglio, tutto sempre uguale, tutto sempre nello stesso ordine, ignorando che non è tutto qui, che la realtà che hai davanti non è solo quello che i tuoi cinque limitati sensi ti dicono e niente di più. La verità, come quasi sempre, è nel mezzo delle cose che accadono. Vai avanti, come una locomotiva, sbuffando di continuo, lamentandoti sempre che c’è qualcosa che non va, guardando sempre quello che ti sta accanto che è come tu giuri che non sarai mai, però intanto invidi quello che ha, che evidentemente è qualcosa che credi di non poter avere mai.
Sembra che l’unico desiderio sia quello di stare sicuri e andare avanti all’infinito, con dubbi, certezze e tutto il resto e sperare segretamente che quella grigia e ovattata monotonia che ti attornia, che quasi ti protegge, duri per sempre.
Perché altrimenti attorno a te cambierà tutto e non capirai più qual è il sopra e quale il sotto.

Poi qualcuno un giorno ti parla di un libro. Oppure, sei lì che cammini beatamente per i fatti tuoi quando, improvvisamente, scorgi qualcosa che all’inizio ti sembra che stia quasi per scomparire in quella luce riflessa della vetrina, e poi ti sembra che quel “qualcosa” non abbia nemmeno mai avuto ragione di esistere nella tua mente, proprio mentre lo vedi.
E scopri che c’è una voce, magari flebile, quasi un sussurro, ma che allo stesso modo ti ossessiona e non puoi fare a meno di ammettere con te stesso che è insistente, che c’è, e che ti sta dicendo di aprire quella porta, di farti investire dall’aria di un condizionatore mezzo scassato, solo per saziare la tua sete di curiosità fresca di bucato.
Forse entrerai in quell’anonima biblioteca, magari in un mediastore completo di musica, dvd e libri “del momento”. Forse, solo
forse, ti avvicinerai allo scaffale dove hai visto qualcosa che può rischiare di distruggere con tenacia travolgente e improvvisa tutto quello che davi per certo. Prenderai in mano quel maledetto oggetto con così tanta foga solo per vedere cos’ha di speciale da averti distratto dal tuo percorso giornaliero. Lo girerai, darai un’occhiata all’autore che non hai mai sentito, e poi può darsi che ti concederai di leggere la trama di quell’oggetto leggero che hai tra le mani. Ecco. Sapevi che sarebbe successo. Doveva succedere prima o poi. Non lo credevi possibile, “ho imparato, ormai”, ti dici sicuro di te stesso.
“Ha un inizio, uno svolgimento e una fine. Tutto qui”. E credi davvero che sia tutto lì. E può anche darsi che sia davvero così. Forse lo riporrai, e ti dirai che è solo quel che è, un libro come tanti, niente di più. O forse lo sfoglierai. In realtà lo sfogli senza nemmeno sapere perché lo stai facendo, ma ti sei già fregato e non lo sai nemmeno. Magari ti viene pure voglia di una sigaretta, ma sai che non puoi fumartela in una libreria così decidi di uscire e di andartene.
Però non sai ancora se l’oggetto che hai tra le mani uscirà di lì con te o rimarrà lì dove l’hai trovato. È qui che subentra tutta la tua vita. La maggior parte delle nostre giornate, delle nostre esperienze, vanno bruciate nel grande bollente calderone della vita.
“Un uomo è la somma delle sue azioni”, dicono, oppure “tu vieni dalle esperienze che hai fatto e dalle persone che hai incontrato nel tuo cammino”. Il punto è che nella testa hai ammassate tutte insieme queste cose e solo la voce più insistente di tutte riuscirà a stabilire se quello che stringi tra le mani riuscirà mai a farti vedere in modo diverso quello che ti circonda.
Lo lascerai lì e continuerai per la tua strada. Decine di anni tutti così. E ti chiederai come sarebbe stato se…
È paradossale. E le parole che non leggerai, che probabilmente saranno state scritte da qualcuno che si è seduto e ha detto “adesso scrivo” per una specie di auto-obbligo o perché si è sentito “ispirato”… allora forse non leggerai le righe di una storia che tra contraddizioni racconterà le vive emozioni di quel qualcuno che ha battuto su una tastiera tante volte solo perché la sua realtà se la sentiva troppo stretta e ha voluto crearne una propria. Ed è andato da qualcun altro magari non per denaro, o non solo, ma per fare in modo che altri simili a lui possano provare lo stesso piacere nel leggere quelle parole che lui con tanto piacere e dolore è riuscito a scrivere.
“L’arte viene da quella parte invisibile che esiste tra sofferenza e divino”.
L’ho letto su un muro, una volta.